• IL POTERE

    On: 28 Marzo 2020
    In: Senza categoria
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    IL POTERE
    un film di Augusto Tretti

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    regia, soggetto, sceneggiatura: Augusto Tretti
    fotografia (b/n): Ubaldo Marelli
    montaggio: Giancarlo Rainieri
    musica: Eugenia Tretti Manzoni
    suono: Giuseppe Donato
    scultore delle maschere: Mario Gottardi
    interpreti: Paola Tosi (donna dell’età della pietra, indiana, visitatrice azienda agricola), Massimo Campostrini (Tiberio Gracco, indiano, deputato socialista), Ferruccio Maliga (Cardinal Concordato, vescovo), Giovanni Moretto (uomo dell’età della pietra, indiano, operaio), Diego Peres (uomo dell’età della pietra, indiano, operaio), Augusto Tretti (Mussolini, il potere militare, il potere commerciale, il potere agrario).
    produzione: Federico Pantanella e Mario Fattori per la Aquarius audiovisual
    distribuzione: Italnoleggio
    anno: 1971
    formato: 35mm
    durata: 86’

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    Il potere
    di Ennio Flaiano (L’Espresso, 14 novembre 1971)

    Negli scaffaloni della cinematografia italiana, Augusto Tretti, coi suoi due film, «La legge della tromba» e «Il potere» (due film in dieci anni, e il primo mai visto, se non da pochi amici), è difficile da collocare. Bisogna rinunciarvi. Resterà un fenomeno isolato o, peggio, da isolare. Forse avrà, in questo paese di manieristi, degli imitatori, ma sicuramente goffi o soltanto furbi. Il dono di Tretti è una semplicità che non si copia, presuppone la superba innocenza dell’eremita. E’ una semplicità che riporta l’immagine fotografica alle composizioni di Nadar, di Daguerre, e anche al non-realismo, cioè agli spazi e al nitore dell’affresco. Eppure Tretti non è un esteta, né chiede all’immagine se non di sostenere un suo elementare discorso. Lo si può, volendo, liquidare con due definizioni: goliardico, naif. Alcuni lo fanno. Ma sono definizioni sbagliate. I goliardi e i naifs non hanno rigore, si fermano alle prime osterie, si divertono, riempiono le domeniche. Tretti non si diverte, benché sia difficile non divertirsi anche, vedendo i suoi films. Egli ha fatto sua la lezione di Brecht, ma la svolge senza grandi apparati e con estro vernacolo. Il suo discorso è «papale papale», come si diceva una volta a Roma, cioè franco, diretto. La sua comicità è veneta, se si pensa al Ruzzante e ai suoi attori presi dalla strada (ma, intendiamoci, proprio strada, di paese e di campagna), e dalle osterie. E’ fantastica, iperletteraria, se si pensa ad Alfred Jarry. Altri nomi non suggerisce. Bisogna accettarlo e tener presente che niente in lui è ingenuo o copiato, ma viene da una cultura ben digerita, strizzata alla radice, e da un naturale apparentemente benevolo. Non lascia niente al caso. La ricerca della bellezza, dell’effetto, che rovina tanti nuovi autori e li spinge continuamente a cercare salvezza nel kitsch del giorno, (nel criptokitsch), cioè nelle immagini dettate dalla moda, dal vento che tira, dalle esperienze riuscite degli altri, dalla loro presunzione di registi che «vedono bene», è in Tretti una ricerca della cosa essenziale, adrammatica, messa in vitro e osservata alla macchina da presa, che diventa una specie di microscopio. Si potrebbe citare anche Hogarth per certi effetti di pomposità caricaturale, ma è meglio non farlo. I suoi personaggi non sono mai burattini, esistono nel momento in cui si realizzano e ritornano sotto altre vesti al momento opportuno. Per ritrovare certe immagini grottesche del fascismo, la sua complessa stupidità, credo che potrebbe soccorrerci soltanto Mino Maccari.Tretti fa un cinema didascalico da sillabario, vuol dire una sua idea della società, e perché non gli piace. Ci riesce per una sua forza derisoria che si avvale d’impassibilità, di non-compiacimento. I volti esemplari, il modo di muoversi, la solitudine dei suoi attori (folle di otto persone, eserciti di dodici soldati), riportano il cinema a un eden dimenticato; a grandi spazi fatti di paesi, monti e campagne della memoria. Quando vuol colpire lo fa con la rapidità dell’evidenza. Si serve di un discorso volutamente dimesso perché ha le idee chiare. E’ anche difficile collocarlo nello scaffale di sinistra. Egli si ritiene anarchico, di linea veronese, cioè un po’ folle. Le sue bombe scoppiano con un enorme rispetto della vita umana, ma non a vuoto.Alla mostra di Venezia si è presentato, contro il parere dei suoi molti amici e sostenitori, perché da dieci anni cera un pubblico, ha bisogno del controllo di un pubblico. Risultato: il successo del «Potere» è stato imprevisto e chiaro: applausi ai due spettacoli. All’Arena, due minuti precisi di applausi. Tretti li ha cronometrati. Il giudizio che pesava su di lui, di non tener conto delle leggi dello spettacolo, di non essere di nessuna corrente, è caduto; anche (e forse soprattutto) se qualche critico lo ha trattato come un caso divertente, con l’affetto che si riserva agli innocui.Per fare «Il potere», Tretti ha impiegato sette anni, di cui sei senza far niente, solo pensare al suo film, essendo venuto a mancare di colpo il produttore. Ha vissuto per sei anni con le bobine del suo film incompiuto sotto il letto. Infine ha trovato due produttori che gli hanno permesso di terminarlo. Ma un film finito non è necessariamente un film vivo: ha bisogno di essere «distribuito», visto, discusso. Penso che se questo film (e me lo auguro) arriverà nelle sale comuni – e non sarà quindi costretto a fare il giro dei festival, come numero di attrazione naif – impressionerà il pubblico per le sue qualità di feroce e austera comicità.

    Il quaderno di Rapporto Confidenziale

    Nomadica - IL POTERE AUTARCHICO DEL CINEMA - Omaggio ad AUGUSTO TRETTI (1924-2013)

    Nomadica – IL POTERE AUTARCHICO DEL CINEMA – Omaggio ad AUGUSTO TRETTI (1924-2013)

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  • IL POTERE AUTARCHICO DEL CINEMA

    On: 23 Ottobre 2013
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    in collaborazione con Cineteca Nazionale, Rapporto Confidenziale

    IL POTERE AUTARCHICO DEL CINEMA
    Omaggio al cinema di Augusto Tretti (1924-2013)

    Anteprima della retrospettiva in collaborazione con Kinodromo:
    martedì 5 Novembre 2013 ore 21.00
    Cinema Europa / Kinodromo – Bologna
    IL POTERE” di Augusto Tretti (in collaborazione con la Cineteca Nazionale)
    a seguire “Augusto Tretti. Un ritratto” di Maurizio Zaccaro (alla presenza dell’autore)

     

    In omaggio ad Augusto Tretti ilpotere

    Nel giugno del 2013 è morto Augusto Tretti, nell’anonimato più assoluto. Solo qualche riga su internet o pochi click su facebook. I giornali, chissà.. Come detto in quei giorni ad alcuni amici, Nomadica si sta muovendo. Abbiamo messo in piedi una retrospettiva completa che sarà, come ormai solito, itinerante. L’idea è quella di mostrare i pochi geniali film di Tretti, autore di riferimento per comprendere quel discorso sul “cinema autonomo” e autarchico, che da anni ormai proponiamo, teorizziamo, realizziamo, diffondiamo. La sera del 5 Novembre a Bologna si incontreranno in modo libero e informale diverse realtà di produzione e distribuzione, diversi autori che praticano il cinema in maniera autonoma, critici ed editori indipendenti bolognesi e non. Per discutere e confrontare quella che oggi più che mai è la pratica maggiormente seguita e per contro la più debole, la più innovatrice ma la più invisibile. I festival riempiono le proprie programmazioni di questi film (nelle sezioni collaterali ovviamente) che in pochi vedranno, mentre le sale continuano a foraggiare polpettoni avariati fino allo sfinimento. Un omaggio ad Augusto Tretti alla ricerca di idee, nella condivisione di lavoro ed esperienze. (Giuseppe Spina)

     

    Su Augusto Tretti:
    Rapporto Confidenziale_ quaderno AUGUSTO TRETTI (dicembre 2010) )


    Su “IL POTERE”

    Augusto-TrettiLa più dissacrante rappresentazione del potere ad opera del regista più inclassificabile del cinema italiano: “Il potere” di Augusto Tretti è una rappresentazione didattica e grottesca della tirannia attraverso i secoli, dall’età della pietra a oggi; rivisita l’antica Roma, gli stermini perpetrati a danno dei pellerossa, il fascismo e gli anni che prelusero alla dittatura mussoliniana. Non c’è una trama e non è il caso di dolersene. Sono i ricchi e i potenti a tener banco e a menar randellate sulla povera gente e su suoi difensori e, a simboleggiare il loro perenne imperio. Tretti ha chiamato l’allegoria di tre belve che incarnano il potere militare, commerciale e agrario» (Mino Argentieri). «Il potere è un’opera di poesia, che dell’assunto politico fa la base per la realizzazione di una straordinaria “commedia dell’arte” cinematografica, la prima, forse, commedia dell’arte che possa ricordarsi nella storia del cinema italiano» (Giannalberto Bendazzi). Come disse Federico Fellini, di cui Tretti fu assistente per Il bidone: «Tretti è il matto di cui ha bisogno il cinema italiano». La sua opera prima, La legge della tromba, realizzata nel 1960 n totale autonomia creativa, gli valse la stima del mondo cinematografico romano, da Antonioni a Flaiano, da Zurlini a Vancini, e soprattutto di Goffredo Lombardo, che gli diede carta bianca per realizzare Il potere, invitandolo però a fuggire da Roma, ma il film sarà travolto dai problemi della Titanus e vedrà la luce solo a distanza di molti anni, nel 1971. I produttori, per ottenere un successo commerciale, fanno virare la pellicola sovvertendo il bianco e nero concepito dal regista, ma il film è privo in sé di qualsiasi “commerciabilità”. (dal sito della Cineteca Nazionale)

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